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Il ripristino degli ecosistemi (Ecosystem restoration) – a cui L’Assemblea generale delle Nazioni Unite dedica il Decennio 2021-2030 – è la strategia necessaria per mantenere i servizi ecosistemici connessi agli ecosistemi.
ll termine ecosistema descrive una struttura complessa composta da due parti: gli esseri viventi (la comunità biologica o parte biotica) e l’ambiente fisico (la parte abiotica).

QUANDO FREQUENTI LA MONTAGNA SEI IN GRADO DI INDIVIDUARE LE PRINCIPALI COMPONENTI BIOTICHE?

Prevenire, arrestare e invertire il degrado degli ecosistemi e aumentare la consapevolezza dell’importanza del loro recupero, è anche l’obiettivo del recentissimo provvedimento adottato il 22 giugno dal Parlamento europeo dal titolo Restoration Law.
Il ripristino degli ecosistemi è un processo che consiste nell’aiutare un ecosistema a ristabilirsi dopo che è stato degradato, danneggiato o distrutto.

ANCHE L’AMBIENTE FISICO SUBISCE L’INFLUENZA DELLE ATTIVITA’ UMANE: QUALI COMPORTAMENTI SAREBBERO NECESSARI PER LIMITARE IL PIU’ POSSIBILE GLI EFFETTI NEGATIVI CAUSATI DALLA FREQUENTAZIONE MASSIVA DELLA MONTAGNA?

Gli ecosistemi vengono danneggiati – oltre che da interventi diretti prodotti dalle attività quotidiane – anche da crolli, frane, esondazioni, …, causati anche dagli eventi meteorologici intensi dovuti ai cambiamenti climatici in atto.
Il rispetto delle dinamiche naturali e delle funzioni ecologiche è il presupposto per mantenere servizi naturali per il benessere delle popolazioni che in quel territorio vivono, integrando molteplici competenze tecnico-scientifiche e di gestione (forestale, acque, dissesto ecc.)

LE ATTIVITA’ ECONOMICHE IN MONTAGNA (TURISMO, FORESTAZIONE, AGRICOLTURA, PASTORIZIA, …) POSSONO CONTRIBUIRE A MIGLIORARE L’EQUILIBRIO DEL TERRITORIO MONTANO E A RIPRISTINARE GLI ECOSISTEMI? COME?

4 Commenti

  • Daniel Ruiz ha detto:

    I visitatori della montagna, così come i suoi abitanti e soprattutto le autorità, devono essere consapevoli che il modo migliore per preservare la montagna è ridurre al minimo l’intervento umano (costruzione di edifici e strade, impianti eolici e idraulici, piste da sci, funivie , overtourism, abbattimento delle foreste naturali, monocolture arboree, uso di pesticidi, caccia, ecc.). Cercare di trasformare la montagna in città è assurdo e distruttivo. In ogni caso, le attività umane in montagna dovrebbero seguire comportamenti tradizionali, frutto di secolari adattamenti (nella gestione delle foreste, nella costruzione di case e sentieri, mulini ad acqua o a vento, controllo demografico, gestione delle sementi tradizionali, eccetera.). Il CAI dovrebbe posizionarsi con decisione a favore del “rewilding” e contro l’antropizzazione delle montagne. - Sezione: Firenze

  • Gaetano Iannarelli ha detto:

    LE ATTIVITA’ ECONOMICHE IN MONTAGNA (TURISMO, FORESTAZIONE, AGRICOLTURA, PASTORIZIA, …) POSSONO CONTRIBUIRE A MIGLIORARE L’EQUILIBRIO DEL TERRITORIO MONTANO E A RIPRISTINARE GLI ECOSISTEMI? COME?
    Basterebbe formazione nelle scuole, poi imporre di adottare un albero a tutti quelli che accedono in un parco, per piantarne massivamente di nuovi. - Sezione: Lagonegro

  • gabriele zampieri ha detto:

    Le aree di alta montagna si scaldano più rapidamente del resto del globo
    Fonte: Cnr-Igg

    Uno studio internazionale, pubblicato su Nature Communications, ha mappato le temperature in alta montagna in diverse zone del globo: il riscaldamento è stato molto più intenso in prossimità dei ghiacciai ed è stata rilevata anche una diminuzione della durata della stagione con neve al suolo. Lo studio è stato coordinato dai ricercatori dell’Università degli Studi di Milano e del Cnr, in collaborazione con il MUSE-Museo delle Scienze di Trento
    Le conseguenze del cambiamento climatico sono sotto gli occhi di tutti, ma le diverse aree del nostro pianeta non si stanno riscaldando tutte alla stessa velocità. Le aree di alta montagna soffrono particolarmente gli effetti del riscaldamento globale, ma fino ad oggi mancavano dati che coprissero ad elevato dettaglio e in tutto il mondo queste aree così delicate. Il lavoro appena pubblicato sulla rivista Nature Communications prova a colmare questa lacuna.
    Un gruppo internazionale, coordinato da ricercatori dell’Università degli Studi di Milano e dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-Igg), in collaborazione con il MUSE-Museo delle Scienze di Trento e la University of Texas – Austin, ha piazzato centinaia sensori per misurare la temperatura del suolo in prossimità dei ghiacciai che si trovano in diverse aree del mondo, dalle Alpi alle Ande del Perù fino alle isole Svalbard (vicino al Polo Nord). Questo ha permesso di produrre la carta più dettagliata ad oggi esistente della temperatura nelle aree di alta montagna, in grado di rilevare le differenze che in montagna possono esistere tra zone a poche decine di metri di distanza.
    Analizzando gli ultimi 20 anni, i ricercatori si sono accorti che alcune aree di alta montagna si stanno riscaldando ancor più di quanto atteso dai modelli globali. La situazione è particolarmente grave per le montagne delle aree tropicali e sub-tropicali, e per le zone in prossimità dei ghiacciai. Il ritiro dei ghiacciai e la riduzione del manto nevoso, probabilmente, stanno amplificando il tasso di riscaldamento. La presenza di neve e ghiaccio può infatti tamponare l’aumento della temperatura, ma la loro scomparsa dalle aree di alta montagna di tutto il mondo sta cambiando questi ecosistemi importantissimi ad una velocità senza precedenti.
    Riguardo i numeri: considerando la media annua, l’incremento delle temperature del suolo nel periodo 2016-2020 rispetto al 2001-2005 è stato consistente, soprattutto nella zona intertropicale (+0.75 °C) e nell’emisfero australe (+1.02 °C). In tutte le fasce latitudinali, il riscaldamento è stato molto più intenso in prossimità dei ghiacciai (100 m) che in aree locate a 3 km dai ghiacciai stessi: emisfero settentrionale +0.63 vs +0.34, emisfero meridionale +1.38 vs +0.79, zona intertropicale +1.13 vs +0.57. Riassumendo, nell’ultimo ventennio le aree prossime ai ghiacciai si sono scaldate circa il doppio di quelle situate a soli 3 km di distanza.
    Molto interessante anche la diminuzione della durata della stagione con neve al suolo, con pattern confrontabili a quelli di temperatura, ma ancora più evidenti.
    In questo caso, in prossimità dei ghiacciai i decrementi medi sono stati di circa 23 giorni nell’emisfero meridionale e 20 nella zona intertropicale, mentre di 13 giorni nell’emisfero settentrionale. A 3 km dal ghiacciaio, invece, i decrementi sono stati ridotti o nulli (nell’ordine -2, -0.5 e -4 giorni). Anche in questo caso, riassumendo, negli ultimi 20 anni le aree prossime ai ghiacciai hanno sperimentato un fortissimo incremento medio della lunghezza della stagione senza neve al suolo: da 2 settimane a un mese per anno. Questi dati saranno utilissimi per predire come gli ecosistemi di alta montagna si modificheranno nei prossimi decenni. - Sezione: Dolo

  • Furio Finocchiaro ha detto:

    Vorrei aggiungere un’altra domanda: quando frequenti la montagna sei in grado di individuare le principali componenti abiotiche che hanno contribuito e contribuiscono a creare l’ambiente stesso ?
    Altra osservazione: Gli ecosistemi vengono danneggiati dagli eventi meteorologici estremi che a loro volta provocano frane e alluvioni. Dobbiamo renderci conto che frane e alluvioni sono normali processi della dinamica esogena. Senza frane e alluvioni…non ci sarebbero le pianure e le spiagge entrerebbero in erosione (come già stanno facendo). Chiaro che questi aspetti della dinamica esogena interagiscono pesantemente ed in modo negativo su tutte le attività di chi vive sulle terre alte. E su questi aspetti bisogna intervenite.
    Ma non vorrei che tutti i ragionamenti fossero già incanalati su questi binari: gli ecosistemi sono una struttura complessa in cui interagiscono esseri viventi (biodiversità) e ambiente fisico (geodiversità). La biodiversità è “buona” la geodiversità è “cattiva”.
    Ultima osservazione: se i cambiamenti climatici mettono in pericolo gli ecosistemi, mettono in pericolo anche i geositi. - Sezione: SAF - Udine

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