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Il primo tavolo “Il CAI Per il Capitale Naturale” si propone di passare da una generica definizione di ambiente a quella appunto del Capitale naturale e di far sì che tutti i Soci prendano coscienza di questa declinazione che rappresenta l’intero stock di risorse naturali, organismi viventi, aria, acqua, suolo e risorse geologiche che contribuiscono alla produzione di beni e servizi per l’uomo e che sono necessari per la sopravvivenza dello stesso ambiente che li genera.
A maggior ragione l’articolazione in sottotemi permette un approfondimento di analisi e proposta molto mirato :

  1. Biodiversità, funzioni ecologiche e servizi ecosistemici
  2. Ciclo dell’acqua e Vegetazione
  3. Recupero degli ecosistemi (Ecosystem restoraDon)
  4. Citizen science

Questi sottotemi descrivono l’articolazione del sistema ecologico con insita la grande responsabilità dell’uomo, sottolineata anche dalla nostra Costituzione.
Verrà accennato al funzionamento del Capitale Naturale garantito dalle “unità di lavoro” (gli ecosistemi: foreste, fumi ecc.) che ne sono l’architettura funzionale e di cui la biodiversità rappresenta l’insieme degli ingranaggi del motore di queste unità funzionali. Parleremo quindi di funzioni ecologiche che si trasformano in servizi (SE) nel momento in cui si configura una domanda diretta (prelievo di biomassa: legname, foraggio, pesce) e/o indiretta (depurazione aria e acqua, trattenimento suolo, infiltrazione efficace), sottolineando il ruolo primario delle funzioni di regolazione espressione vitale del funzionamento degli ecosistemi e supporto favorisce l’erogazione degli altri SE di approvvigionamento e culturali.
Si acquisirà consapevolezza della distribuzione dei SE sul territorio e quindi delle attività che conservano la funzionalità e/o la incrementano e quelle che invece utilizzano i SE con un accenno ai Pagamenti dei SE stessi.
Siamo negli anni in cui l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dedicato il Decennio 2021-2030 al Ripristino degli Ecosistemi (https://undocs.org/A/RES/73/284), con l’obiettivo di sostenere e incrementare gli sforzi per prevenire, arrestare e invertire il degrado degli ecosistemi in tutto il mondo ed aumentare la consapevolezza dell’importanza del loro recupero e restauro e monitoraggio. Il tema della Citizen science diventa uno strumento importante affinché il CAI possa partecipare attivamente al mantenimento della funzionalità degli ecosistemi e del loro controllo nell’ottica di un nuovo ruolo per la salvaguardia di un bene comune

11 Commenti

  • Daniel Ruiz ha detto:

    Il CAI per il Capitale Naturale
    Il CAI, in quanto associazione ambientalista, deve evitare di farsi cooptare dal mito della “crescita infinita” e dalla mercificazione della natura che minacciano il collasso della civiltà umana (https://it.wikipedia.org/wiki/Rapporto_sui_limiti_dello_sviluppo). L’ecosistema della vita sul pianeta Terra deve essere protetto perché è unico nell’universo, e non perché può arricchire una minoranza di esseri umani. Trasformare la natura vivente e minerale in merce è esporla alla distruzione attraverso meccanismi entropici (https://it.wikipedia.org/wiki/Bioeconomia). Pertanto il concetto di “capitale naturale” deve essere respinto dalla CAI. Dobbiamo stare attenti a non cadere nelle trappole tese da chi vuole trasformare la natura in merce per arricchirsi. Si inizis a usare il loro vocabolario e si finisci per essere come loro (https://www.youtube.com/watch?v=emnzxTCoGGQ; https://www.theguardian.com/world/2022/dec/31/germania- partito-verde-nucleare-ucraina-die-grunen ) - Sezione: Firenze

  • Biagio Di Francescantonio ha detto:

    Volendo sintetizzare, l’origine dei cambiamenti climatici, riconosciuta dalla Unione Europea, deriva dall’aumento esponenziale delle emissioni di gas climalteranti (in particolare CO2), per contrastare il quale sono state prese, a livello europeo, importanti decisioni come lo stop alla produzione dei motori endotermici entro il 2035 ed il finanziamento di attività, quali l’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili ed il risparmio energetico, atte a riportare le emissioni di CO2 entro i livelli del 1990.
    Tutto ciò riguarda la politica che, però, risponde a interlocutori quali l’opinione pubblica (facilmente influenzabile dai mass media) e le lobby che agiscono direttamente sui parlamenti nazionali ed europeo; non è un caso infatti che le decisioni per contrastare i cambiamenti climatici sono prese in netto ritardo sugli allarmi lanciati da tempo da scienziati che si occupano direttamente o indirettamente di clima e non è un caso che tali decisioni vengano spesso “annacquate” prima di diventare effettive e sortire gli effetti voluti.
    Ecco che diventa importante il contributo di un’associazione come il CAI, soprattutto partecipando attivamente alla diminuzione delle emissioni di CO2 in tutte le sue attività, sia amministrative che sociali e così facendo potrà essere d’esempio nei confronti dei propri soci, perchè la CO2 che non produce il singolo “responsabile” non potrà mai sommarsi con quella di chi ignora o si fa convincere dell’inesistenza del problema.
    I modi per diminuire le emissioni di CO2 possono essere tanti, mi permetto di suggerire quelli che ho messo in pratica da anni: 1) chiedere al proprio fornitore solo energia elettrica certificata proveniente da energie 100% rinnovabili anzichè dal cosiddetto mix energetico (potrebbe costare meno di quella che avete, anche se con l’assurdo aggancio al prezzo del metano è difficile farsi bene i conti); 2) installare, se possibile, impianti fotovoltaici (potrebbero addirittura rendervi “detrattori” di CO2, ovviamente in dipendenza della produzione rispetto ai consumi); 3) comprare solo auto full electric che, oltre a produrre zero CO2, se abbinate ad un adatto impianto FV, consentono di viaggiare senza spendere soldi in combustibile, nè cambi olio, nè meccanici (non vale lo stesso per la maggior parte delle auto ibride in quanto producono poco meno CO2 di quelle con motore a combustione interna). - Sezione: Popoli

  • daniele boninsegni ha detto:

    Mi lascia molto perplesso l’uso del termine “capitale”. E’ un termine strettamente economico che rischia di travisare l’importanza dell’ambiente naturale che abbastanza spesso è in contrapposizione alla logica dell’economia intesa nel senso più strettamente del profitto. Credo che il sistema economico del mondo occidentale che ha contaminato ormai tutte le altre Nazioni del mondo, sia la causa principale del degrado del pianeta. Personalmente trovo inadeguato per la tutela dell’ambiente anche il termine “sviluppo sostenibile” perchè riporta ad una logica esclusivamente economica. E ciò sin da RIO 92 dove anche le ong riunite separatamente dai governi mondiali arrivarono a conclusioni diverse. Ed infatti in questi ultimi 30 anni, pur parlando continuamente di sviluppo sostenibile non si è raggiunto alcun risultato positivo per la tutela del pianeta, anzi …… con lo sviluppo economico di Nazioni quali Cina, India e Brasile ….. ecc la situazione si è di molto aggravata arrivando a stabilire termini quali il 2030 o 2050 entro i quali prendere misure drastiche (spesso socialmente inique). Credo che se si continua a ragionare in questi termini la situazione non potrà che continuare a peggiorare perchè le soluzioni che si sta cercando di prendere sono solo palliativi che non mettono minimamente il discussione il sistema economico basato sul profitto che sta generando tutto questo disastro - Sezione: leonessa

  • Mariuccia Papa ha detto:

    Cominciamo dalla prima considerazione che introduce il tavolo 1 di discussione sul Capitale naturale, che viene definito come l’insieme dei beni naturali che forniscono benefici e servizi diretti e indiretti per l’Uomo (la maiuscola non è mia) e che sono necessari per la sopravvivenza dell’ambiente che li genera.
    Diciamo che in una visione strettamente antropocentrica, se guardiamo ad un bosco siamo in grado di individuare quali sono le funzioni che esso svolge per noi per esempio idrogeologica, igienica, naturalistica etc. etc. Individuare l’utilità di queste funzioni, cioè l’elemento da cui traiamo benessere, significa farne un servizio ecosistemico (SE) a cui attribuire un valore economico.
    Ecco quindi che queste risorse e questi processi diventano Capitale Naturale, ma l’Homo economicus si spinge oltre, per cui individuato il prezzo di un servizio, di una risorsa, è disposto a pagare e far pagare alla comunità, perché il possessore del bene possa essere “ristorato” dal suo eventuale mancato utilizzo privato, questo ovviamente semplificando molto..
    E’ un po’ come dire…ci faranno pagare anche l’aria. In altri interventi ho già notato delle note critiche a questa riduzione a merce anche di quello che la natura produce e ci offre oserei dire, suo malgrado.
    Io pago per assicurarmi dei servizi e chi pago? Il proprietario del bosco, della terra, della concessione. Chi nasce non ha quindi diritto ad usufruire delle risorse della terra perché qualcuno ne detiene l’uso e può in qualunque momento alienarmele.
    Non abbiamo fatto grossi passi avanti, ritorniamo al medievale “diritto di albinaggio” cioè il pagamento che compete al proprietario del terreno, comunque sia giunto a questa proprietà.

    Il discorso è complesso e spero si possa sviluppare al congresso ma ci stiamo pericolosamente allontanando dal concetto dei beni comuni e della responsabilità di chi inquina paga, per cui quando si inquina un ambiente per esempio immettendo fumi tossici in atmosfera, inquinanti in mare, plastica ovunque, anche dove è possibile individuare i responsabili, è molto molto difficile farli pagare per i reati commessi e nello stesso tempo l’ ambiente che ci circonda è considerato spesso anche da chi abbandona rifiuti per strada come res nullius, infatti di chi è l’aria, di chi l’acqua del mare? Di una collettività che non riesce a far valere i propri diritti e soprattutto a far convergere gli interessi sulla salvaguardia delle specie viventi tutte. Ma se cerco di fermare un danno ambientale all’interno di un territorio su cui qualcuno accampa dei diritti allora devo pagare…
    Ma allora non ho dei diritti per il fatto stesso di essere figlia di questa terra, sui boschi, sul mare, sull’atmosfera su quello che mi permette di sopravvivere e che vengono definiti i beni comuni globali?
    Ci viene poi chiesto se come soci siamo disposti ad impegnarci per contribuire alla mitigazione dei danni e al ripristino degli ecosistemi compromessi, in particolare della montagna, come si potrebbe rispondere in maniera negativa?
    Tutti noi soprattutto noi della TAM sappiamo che senza una visione ambientale e naturalistica globale, che ponga al centro la tutela degli ecosistemi montani, non esisterà fra qualche anno in Italia, probabilmente, neanche un luogo in cui perdersi nella solitudine della natura lontani dalle oscene folle rumorose che ormai invadono le nostre montagne in particolare alcune zone alpine.
    L’ultima considerazione e l’ultima domanda riguarda il metodo e cioè se basti attuare i principi della nostra costituzione e rispettare le leggi in materia per salvaguardare il Capitale Naturale.
    No non penso che basti, non so neanche se basti una seria formazione e informazione, ma solo su questo noi possiamo veramente intervenire usando i canali del CAI che quando vogliono sanno essere formidabili e molto estesi.
    Certo ritengo importantissimo aver basato l’intero Congresso CAI su questi temi ormai ineludibili, ma nella prospettiva che le suggestioni e gli indirizzi che scaturiranno dal Congresso dovranno necessariamente e durevolmente informare la politica del CAI per gli anni a venire.
    La mia piccola utopica proposta è che ci siano parchi, e aree protette, in numero ed estensione tali, che debbano rappresentare la nostra “scorta” di natura e di SE gratuiti ma in quantità tali che siano sufficienti al benessere della popolazione e che quando l’utilizzo privato di una risorsa possa compromettere il benessere della collettività, l’interesse collettivo deve sempre e necessariamente prevalere su quello privato. Del resto i danni enormi dell’utilizzo privato di territori di interesse collettivo è sotto gli occhi di tutti, pensiamo alle piste da sci, all’utilizzo dei demani marini e fluviali, ai tagli di boschi, all’alienazione e all’inquinamento della risorsa acqua. - Sezione: Verbicaro (CS) TAM Calabria

  • Guido Romanelli ha detto:

    Buongiorno
    Un argomento che mi sta particolarmente a cuore riguarda il danno che viene fatto alla montagna ed in generale all’ambiente dai sistemi di innevamento artificiale: uno spreco enorme di acqua ed energia che non ha secondo me alcun senso.
    Se vogliamo continuare a svolgere attività sciistica l’unica soluzione percorribile è combattere il cambiamento climatico, perché di questo passo l’innevamento presenterà problemi sempre maggiori anno dopo anno.
    Questo concetto deve essere secondo me sostenuto con maggiore forza dalla nostra organizzazione anche con iniziative di protesta.
    Grazie per l’attenzione, cordiali saluti
    Guido Romanelli - Sezione: Mondovì

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