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Nel terzo tavolo “Il CAI per lo sviluppo della Montagna – economia e politiche territoriali”, il CAI ha l’occasione di esporre una sua proposta complessiva e chiamare la politica, le forze sociali, le altre Associazioni di protezione ambientale e di tutela culturale a confrontarsi su questa proposta.

La storia del CAI, che si avvia a compiere 160 anni, il suo radicamento territoriale, la sua stratificazione sociale danno forza e credibilità alle tesi che saranno sviluppate durante il congresso e potranno essere portate all’attenzione della politica senza alcun riferimento di parte.

La Strategia nazionale per le aree interne (SNAI) identifica certamente un percorso di attenzione verso le aree non urbane ma negli anni ha evidenziato una complessità attuativa cui appena il 20% circa dei fondi messi a disposizione sono giunti effettivamente spendibili sui territori. E’ di tutta evidenza come si debba procedere verso una effettiva semplificazione che però non rappresenti uno svincolo dalle responsabilità degli enti locali. I territori montani, siano essi alpini o appenninici, attendono da sempre risultati visibili, tangibili, in tempi coerenti.
Le Green community e oggi le Comunità energetiche identificano il concetto di comunità per gestire risorse, processi, aggregando entità territoriali limitrofe e cittadini nella gestione integrata. Di stringente attualità il tema della transizione energetica all’interno del quale le energie rinnovabili catalizzano la discussione sia politica che tecnico scientifica: non sono certamente l’unica soluzione del problema ma sono certamente un passaggio obbligato nella fase di transizione verso la decarbonizzazione.
Iniziano ad apparire comunità per gestire le risorse al raggiungimento delle quali ha dato un contributo fondamentale la coesione sociale e territoriale.

I Bacini imbriferi montani (BIM) sono gli unici enti attualmente che ricevono una quota piccola di finanziamento dagli utenti della risorsa idrica e questi denari per legge devono reinvestire in attività legate al mantenimento in buono stato del territorio da cui prelevano l’acqua. Questo concetto va inquadrato nel più generale assunto del pagamento dei servizi ecosistemici previsto dall’articolo 70 del collegato ambientale della Legge Finanziaria 221/2015. Concetto molto difficile da mantenere nel binario giusto. La risorsa non va messa in vendita a mercato.
Deve invece essere messo a valore il servizio che la risorsa svolge a favore della collettività e quindi si deve provvedere affinché la risorsa rimanga tale a favore della collettività che la utilizza e la sostiene rispetto a quella che la usa.
Il rapporto Montagna/Città mediato da un accorto patto di cooperazione rappresenta lo snodo politico e sociale indispensabile per superare la strumentale contrapposizione in oggi generata tra gli abitanti della Montagne e coloro che risiedono nelle pianure e nelle città.
Per questo Il CAI può e deve svolgere il ruolo di “mediatore culturale” tra Soci cittadini e Soci montanari. Gli uni sorreggono gli altri nella consapevolezza del loro ruolo civile.
Quali possano essere le aggregazioni sociali delle dimensioni giuste per mettere in pratica tutto quanto sopra accennato è il compito che oggi spetta a tutti ed in particolare al CAI quale intermedio sociale rilevante sia in termini di esperienze acquisite sia in termini numerici (327.000 Soci). L’aggregazione è elemento di coesione e quindi oggi può essere volano per un futuro meno vorace verso le risorse naturali.
I cosiddetti nuovi turismi tendono a rappresentare il rapporto con la Natura e la cultura di un territorio come una esperienza e una motivazione emozionale.
Si stanno sviluppando forme di turismo sempre meno invasive e più attente al rapporto tra uomo, ambiente naturale e risorse locali, ove tale rapporto inizia a manifestarsi con comportamenti consapevoli e responsabili e quindi declinando concretamente identità territoriale e culturale con i principi dello sviluppo sostenibile.

8 Commenti

  • Francesca Casse ha detto:

    Io penso che si possa fare molto per educare i giovanissimi a frequentare le aree rurali fin da piccoli. Parlo da mamma che ha sempre portato i bambini in montagna, fin da neonati,(legati sulla schiena e/o infilati negli zaini prima, trainati con le corde poi). Un’uscita del genere richiede uno sforzo organizzativo notevole per le famiglie: spesso noi ci siamo trovati a dare consigli su calzature, strati di vestiario in funzione della stagione, accessori utili, zaini, organizzazione dei pasti e dei tempi. Sappiamo che moltissimi non si approcciano alla montagna o ad una gita in un sentiero perché immaginano che sia tutto molto difficile, non solo dal punto di vista fisico. Il risultato è che in famiglia non viene praticamente mai proposto di andare a fare una passeggiata per mangiare il pranzo in un prato. Se la scuola potesse coinvolgere di più i bambini probabilmente questi chiederebbero ai genitori di poter replicare l’attività, creando quindi un interesse maggiore verso la frequentazione di tutte quelle aree rurali, marginali, spesso sull’orlo dello spopolamento, di cui hanno parlato i soci prima di me. Ho trovato molto interessanti tutti i loro interventi e sono convinta che in Italia manchi proprio la cultura del vivere rurale (i francesi ad esempio sono molto più orientati a questo genere di attività da fare in famiglia), manca un interesse diffuso verso quelle zone che rimangono fuori dai centri e dalle mete turistiche più conosciuti. Durante il periodo covid le cose sono andate un po’ meglio poiché non potendo muoverci di molto abbiamo tutti riscoperto i luoghi vicini per “cambiare aria” e svagarci nel week end. Ecco io credo che si debba prendere questo aspetto come un’ottima base di partenza per studiare progetti di sviluppo locale basati non solo sull’evento promozionale, ma sulla stimolazione delle famiglie a passare il proprio tempo libero in modo diverso. E ovviamente a questo tema si possono collegare infiniti ragionamenti sull’educazione alla salute, al benessere, al rispetto e alla conoscenza della natura, all’indotto sulle attività locali, alla crescita di nuove generazioni appassionate delle attività outdoor che potranno anche rappresentare i nuovi abitanti dei borghi rurali italiani. - Sezione: CAI L'Aquila

  • Massimiliano Orsini ha detto:

    Forse un esempio che posso fare è quello del Comune di Sante Marie (AQ) che ha una popolazione di circa 1100 abitanti, ma che negli ultimi anni, grazie al loro Sindaco, si comincia a vedere il rilancio dell’ economia locale attraverso itinerari escursionistici, ciclo escursionistici, visite guidate nelle grotte di luppa ecc. Forse qualcuno dirà che è stato fruttato il momento del turismo, invece è stato proprio il cambiamento della politica interna a fare sì che questa parte di territorio sia oggi conosciuto. L’attività messa in atto ha dato modo di fare muovere molte persone alla ricerca della tranquillità, per allontanarsi dal caos cittadino, dalla frenesia del lavoro e dare la possibilità di far fare esperienze nuove ai propri figli e nipoti, tornado di fatto agli antichi sapori, alle degustazioni dei nostri nonni. Nell’arco dell’anno si contano circa 6000 soggetti, provenienti anche dall’estero, che affollano questa cittadina solo per partecipare alle escursioni, e non è poco per un comune che stava subendo lo spopolamento. Da qualche anno si cominciano a vedere i primi spiragli di economia territoriale, perché proprio da questa programmazione, alcuni hanno avuto la possibilità di aprire locali come bar, alimentari, agriturismi, B&B, e per ultimo, la grande partecipazione di quelle famiglie che vivono da una vita con il pascolo, regalando la propria esperienza attraverso semplici racconti di un passato che ora mai non conosciamo più. Credo che quest’ultima cosa, è il vero senso del sodalizio di cui tutti noi ne siamo alla ricerca e che solo loro posso insegnarci, e che ci si trova, ne fa tesoro.
    Il nostro gruppo, grazie alla sezione CAI di Avezzano, ci ha dato la possibilità di portare avanti una tematica , quella di progettare la rete sentieri nel nostro Comune di Tagliacozzo, proprio per ampliare la conoscenza del territorio e per rilanciare l’economia basandosi sulle attività che conosciamo quali, l’escursionismo, cicloescursionismo, arrampicata libera, lo sci alpinismo ecc. Territorio che fino a qualche hanno fa concepiva lo sviluppo attraverso il mattone, la cementificazione e programmi estivi racchiusi nei 60 giorni di luglio ed agosto, nei mesi a seguire il nulla. Fortunatamente la tendenza sta cambiando, l’amministrazione è più vicina nelle tematiche ambientali, quindi il nostro intervento, anche se con 25 anni di ritardo, fa sì che l’economia del proprio territorio, si basi anche su tutte quelle attività che si possono svolgere in ambiente montano in tutte le stagioni. Ebbene, dal 2022 ad oggi abbiamo già censito e accatastato circa 150km di percorsi alla portata di tutti, l’80% sono di difficoltà E con una storia alle spalle dimenticata. Abbiamo realizzato 2 itinerari di MTB con diff. TC – BC proprio per renderli fruibili. L’intenzione è anche quella di inserire il tutto nelle varie discipline sportive, amatoriali, dilettantistiche e professionali, proprio per attrarre più persone possibili.
    Ciò che manca sono le infrastrutture in quota, dove poter pernottare o fermarsi per un semplice pasto. Ciò che invece serve è una struttura come quella del CAI, che possa sollecitare le Regioni, all’attuazione dei piani di gestione nei Siti di Interesse Comunitario, dove ancora oggi, mezzi a motore provocano danni alla flora e alla fauna selvatica senza che nessuno intervenga alla tutela del territorio. In questo caso parlo dei Monti Simbruini, dove una parte è già Parco Regione Lazio e ben gestito, l’altra parte, Abruzzo, alla mercé di motociclisti, fuoristrada, quad, cacciatori, bracconieri, raccoglitori di tartufi abusivi, raccoglitori di genziana abusivi, taglia legna abusivi ecc Ecco forse una struttura come il CAI potrebbe aiutare le associazioni coinvolte al recupero del patrimonio naturalistico e sollecitare le strutture Regionali affinché facciano rispettare le regole. Solo così si può iniziare allo sviluppo della Montagna e quindi rilanciare l’economia e le politiche territoriali. - Sezione: Sezione CAI Avezzano - gruppo Tagliacozzo

  • Marco Melegari ha detto:

    buongiorno, ritengo che sia urgente una riflessione sul patrimonio boschivo italiano, ormai ridotto a pura silvicoltura estensiva. Il bosco è ovunque “coltivato”, privilegiando una sola specie, e non permettendo ad esso di trasformarsi in alto fusto, perciò non è in grado di catturare tutta la CO2 necessaria per rallentare il processo dei cambiamenti climatici. Faccio l’esempio dell’alta val Taro e val Ceno, Lunigiana e Garfagnana, a cavallo delle Province di Parma, Spezia e Massa, un’area che vista dall’alto potrebbe essere considerata come l’Amazzonia d’Italia. Ma sono boschi “puliti”, ciclicamente tagliati che permettono di essere “fruiti” (!) da fungaioli muniti di jeep e quad, e in grado di essere sfruttati economicamente dal punto di vista della produzione del legname. E’ chiaro che il valore della biodiversità e naturalità di questi luoghi è solo apparentemente alto. - Sezione: Parma

  • paolo rold ha detto:

    Buongiorno
    Oramai si sono spese molte e molte parole sull’argomento ” montagna” e realizzati pochi, pochissimi fatti.
    A mio parere ed in riassunto i primi e fondamentali passi da stabilire da un vero Amministratore potrebberro essere per una comunità piccola( cento abitanti) fino a mille e dislocata sopra i 500 metri:
    – dare la possibilità ad un soggetto o più di aprire un locale pubblico( bar-alimentari-giornali-tabacchi- ecc, ecc) senza il pagamento di tasse e spese varie per i primi cinque anni. Il Comune si accolla l’onere di sostenere il tutto e poi in contraddittorio si decide, con preliminare/contratto, il proseguio dell’attività;
    – i residenti devono avere agevolazioni su luce,gas,acqua,prodotti petroliferi in genere.
    Questa potrebbe essere in concreto una prima forma di sostegno per chi, la montagna, vuole vivierla, abitarla e sostenerla - Sezione: cai feltre

  • paolo terzigni ha detto:

    La Sezione del CAI SORA ha in essere un accordo di partenariato con il Dipartimento di Scienze Umane, Sociali e della Salute dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale, tra le cui finalità c’è stata l’organizzazione nello scorso anno accademico di un Corso di Alta Formazione in “Management per lo sviluppo delle aree interne” che ha visto la partecipazione di 50 amministratori e dipendenti pubblici. Tra le tematiche affrontate sviluppo locale sostenibile e territori montani. Sarebbe auspicabile invitare l’Ateneo alla tavola rotonda - Sezione: cai sora

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