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A 160 anni dalla sua fondazione il Club Alpino Italiano è entrato nell’era dei cambiamenti climatici, dopo aver affrontato molte altre sfide epocali che hanno impattato duramente su intere generazioni di abitanti e di frequentatori delle montagne.

RITIENI CORRETTO CHE SIA QUESTO IL MOMENTO IMPRESCINDIBILE IN CUI LE SOCIE E I SOCI COSTRUISCANO IL NUOVO CAI PER IL FUTURO?

Ai divari economici, sociali e territoriali tra nord e sud del paese si sono aggiunti in modo sempre più marcato quelli tra le città e le aree periferiche ed interne delle zone montane (Alpi, Appennini e Isole), una sempre più netta discrepanza generazionale e di genere tra opportunità da poter cogliere e disagi da dover affrontare nel breve e lungo periodo.

COME SI PUÒ ELEVARE IL RUOLO DELLE SEZIONI DEL CAI A “CUSTODI DEL PATRIMONIO CULTURALE E NATURALE DELLA MONTAGNA”, PER AVERE UN IMPATTO CONCRETO SUI TERRITORI E SULLE COMUNITA’?

Siamo consapevoli di possedere un ricco e importante patrimonio culturale comune, maturato da generazioni di socie e soci volontari, sostenuto da un’autentica passione e dedizione per la montagna. Questo deve essere valorizzato maggiormente e compreso nelle forme più intime, trasmesso attraverso una efficace capacità di dare buoni esempi per una corretta frequentazione dei territori, parsimonia nell’utilizzo delle risorse naturali e attenzione nel prevenire comportamenti che possano mettere in discussione il nostro ruolo di coerente punto di riferimento per la collettività.

COME DOVREBBERO IMPEGNARSI LE SEZIONI DEL CAI PER GUADAGNARE L’AUTOREVOLEZZA NECESSARIA A RICHIEDERE AGLI AMMINISTRATORI LOCALI SERVIZI DI TRASPORTO PIU’ EFFICIENTI NELLE ZONE MONTANE?

I mezzi di trasporto e i viaggi sono un fattore importante nella produzione di CO2, specie se effettuati in auto e individualmente. Lo stesso viaggio di trasferimento dalla città alla montagna, se fatto con mezzi pubblici o collettivi, ha un impatto minore. Le sezioni del CAI potrebbero impegnarsi a realizzare una quota maggiore di trasporti a basso impatto nelle sue attività sociali, nonostante le maggiori difficoltà organizzative.

PER COMUNICARE EFFICACEMENTE I SERVIZI E LE POSSIBILITA’ CHE LE SEZIONI DEL CAI GIA’ OFFRONO NEI TERRITORI È NECESSARIO AFFIDARSI MAGGIORMENTE A PROFESSIONISTI?

Gli strumenti della comunicazione vanno saputi utilizzare con una distinta abilità e, nei casi specifici, con la giusta professionalità per dare informazioni utili ad una frequentazione consapevole della montagna, da poter contrapporre ai contenuti sui social media degli “influencer”. Nella maggior parte dei casi i messaggi di queste persone promuovono un approccio sensazionalistico privo di contenuti culturali e tecnici, spesso favorendo, se non determinando, l’iperfrequentazione in zone delicate e di comportamenti poco responsabili.

PER AUMENTARE LA CONSAPEVOLEZZA DEI FREQUENTATORI OCCASIONALI DELLA MONTAGNA LE SEZIONI DEL CAI COME DOVREBBERO OFFRIRE UNA FORMAZIONE CULTURALE ED ETICA PIÙ EFFICACE?

Il Club alpino italiano ha sempre curato la formazione fino a farne una bandiera distintiva presa ad esempio, tra gli altri, dall’UIAA (Unione internazionale delle Associazioni alpinistiche), della quale è socio fondatore. La formazione sviluppata dalle scuole del CAI ha un’impronta fortemente tecnica. La disponibilità di tracce gps (gpx) non verificate, la diffusa incapacità di lettura della carta topografica e dei bollettini meteo di tanti frequentatori delle montagne sono all’origine di richieste improprie per interventi di soccorso e di pesanti impatti sull’ambiente. I sentieri sono sempre più segnalati, probabilmente troppo, disabituando i frequentatori al contatto con il mondo reale della montagna.

IL CAI DOVREBBE CURARE MAGGIORMENTE LE CAPACITA’ DI LEGGERE LE CARTE TOPOGRAFICHE SUL TERRENO SENZA DIPENDERE ESCLUSIVAMENTE DA DISPOSITIVI ELETTRONICI?

Gli scopi del Club alpino italiano sono scolpiti nell’articolo 1 dello Statuto: la promozione dell’alpinismo; la conoscenza e lo studio delle montagne; la tutela del loro ambiente naturale.

A SEGUITO DELLA CRISI PANDEMICA E DELLE RIFLESSIONI FATTE FINO AD ORA SULLE CONSEGUENZE DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI COME DECLINERESTI OGGI LA “PROMOZIONE DELL’ALPINISMO”?

7 Commenti

  • Daniel Ruiz ha detto:

    Le sezioni dovrebbero promuovere maggiormente la formazione culturale e ambientale dei soci attraverso corsi e convegni. In questo modo il CAI avrebbe più influenza sul resto della società, ciascuno al suo livello. - Sezione: Firenze

  • Andrea Puppo ha detto:

    PER COMUNICARE EFFICACEMENTE I SERVIZI E LE POSSIBILITA’ CHE LE SEZIONI DEL CAI GIA’ OFFRONO NEI TERRITORI È NECESSARIO AFFIDARSI MAGGIORMENTE A PROFESSIONISTI?

    Non vorrei che il problema della comunicazione venisse finalizzato solo all’offerta di servizi, riducendolo quasi a un aspetto del marketing. Visto quanto accaduto la scorsa estate a proposito delle “croci di vetta” , ed ancor prima per le note vicende collegate alla contestata elezione del Presidente, credo che debba essere in primis la struttura centrale del Cai a dotarsi di capacità professionali per la comunicazione (al momento credo che la responsabilità della comunicazione sia attribuita a un Consigliere centrale).
    Di questa maggiore professionalità centralizzata potrebbero poi giovarsi le Sezioni, traendone indicazione e d esempio per meglio operare nel loro ambito più ristretto. - Sezione: Ligure - Genova

  • Gaetano Iannarelli ha detto:

    RITIENI CORRETTO CHE SIA QUESTO IL MOMENTO IMPRESCINDIBILE IN CUI LE SOCIE E I SOCI COSTRUISCANO IL NUOVO CAI PER IL FUTURO?
    Il ruolo del CAI soprattutto in aree periferiche può essere di aggregazione e portavoce di tematiche ambientali di intere comunità.
    COME SI PUÒ ELEVARE IL RUOLO DELLE SEZIONI DEL CAI A “CUSTODI DEL PATRIMONIO CULTURALE E NATURALE DELLA MONTAGNA”, PER AVERE UN IMPATTO CONCRETO SUI TERRITORI E SULLE COMUNITA’?
    Un riconoscimento e un ruolo da parte delle autorità locali. Per fare questo sarebbe opportuno aumentare le competenze degli iscritti, per accrescere il loro credito sociale a livello di tematiche ambientali. Un link con università ed altri enti di ricerca riconosciuti potrebbe essere d’aiuto a tutti.

    PER AUMENTARE LA CONSAPEVOLEZZA DEI FREQUENTATORI OCCASIONALI DELLA MONTAGNA LE SEZIONI DEL CAI COME DOVREBBERO OFFRIRE UNA FORMAZIONE CULTURALE ED ETICA PIÙ EFFICACE?
    Si, nelle scuole e in tutti i posti possibili.
    IL CAI DOVREBBE CURARE MAGGIORMENTE LE CAPACITA’ DI LEGGERE LE CARTE TOPOGRAFICHE SUL TERRENO SENZA DIPENDERE ESCLUSIVAMENTE DA DISPOSITIVI ELETTRONICI?
    Direi che è il tempo di realizzare mappe interattive capaci di contenere tutte le informazioni possibili ed essere di facile e veloce fruizione. - Sezione: Lagonegro

  • Paolo Sebastiani ha detto:

    Si, è questo il momento opportuno. Per contrastare una deriva consumistica che tende a trasformare le montagne in luna park dove tutto è lecito, anche il ” consumo” della natura per futili divertimenti come i ponti tibetani, la creazione di nuove ferrate in luoghi incontaminati, l’uso turistico dell’elicottero in montagna, nuovi impianti di risalita e nuove piste da sci, l’uso ingiustificato delle motoslitte per gioco o per portare clienti nei ristoranti o rifugi.
    Il CAI deve puntare sulla formazione etica e schierarsi con coraggio in ogni ambito in coerenza dei principi che ha sempre avuto, ma che talvolta ha dimenticato. - Sezione: Novara

  • Francesco Quattrone ha detto:

    RITIENI CORRETTO CHE SIA QUESTO IL MOMENTO IMPRESCINDIBILE IN CUI LE SOCIE E I SOCI COSTRUISCANO IL NUOVO CAI PER IL FUTURO?
    Ritengo sia opportuno che il CAI cominci a scendere dalle alte vette alpine per soffermarsi sulle più dolci colline dove sono adagiati i tanti borghi, preziosi scrigni che custodiscono il nostro patrimonio culturale che connota la nostra identità collettiva nei suoi aspetti civici e religiosi, e il momento è questo. Se è vera, ed io ritengo che lo sia, l’intuizione dì Goethe che i nostri borghi sono un prolungamento della natura, rivolgendo loro la nostra attenzione ci prendiamo cura anche della montagna. Basta considerare il PAESAGGIO nel suo spazio visivo che ci è permesso cogliere e in quello che ci circonda quando lo attraversiamo, pensandolo non nel senso limitante di paesaggio naturale ma come oggetto da noi modellato e arricchito da segni materiali religiosi, artistici, culturali, che rispecchiano la nostra identità e interagiscono con l’ambiente naturale essendo da esso modellato e in esso stratificato. Lo avverte lo stesso UNESCO quando afferma, nell’art.1, che il paesaggio è…il risultato di un’esigenza in origine sociale, economica, o religiosa, che deve la sua forma attuale alla sua associazione e correlazione con l’ambiente naturale… che rappresenta un …patrimonio intangibile in quell’insieme di prassi, rappresentazioni, espressioni, conoscenze che “le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale… Carlo Alberto Argan, a commento della legge Galasso lo definì paesaggio palinsesto. Sono considerazioni già presenti nelle menti dei nostri costituenti molto prima che se ne accorgesse l’UNESCO, quando, nel formulare l’art.9 della nostra Costituzione, vi inserirono la parola PAESAGGIO affidando allo Stato la competenza esclusiva di tutela. Tant’è che in tempi recenti, in virtù di questo articolo, la Corte Costituzionale ha introdotto il concetto di bene comune, rompendo la dicotomia bene pubblico-bene privato.
    COME SI PUÒ ELEVARE IL RUOLO DELLE SEZIONI DEL CAI A “CUSTODI DEL PATRIMONIO CULTURALE E NATURALE DELLA MONTAGNA”, PER AVERE UN IMPATTO CONCRETO SUI TERRITORI E SULLE COMUNITA’?
    Lasciando a sociologi e antropologi il compito di scegliere le azioni più incisive tra i 17 obiettivi proposti dall’agenda 2030, per trovare quelle più adatte alle diverse realtà locali, le nostre sezioni dovrebbero accentuare la parte, diciamo, più culturale rispetto a quella della socialità delle nostre uscite. Porre una maggiore attenzione sulla bellezza che ci circonda, sulla meraviglia che suscita la comparsa di un prato di peonie, di un giglio rosso che sbuca dai prati, di uno scoiattolo nero che saltella tra gli alberi e legare queste straordinarie visioni alle intime relazioni che i nostri antenati hanno avuto con il nostro paesaggio e far conoscere meraviglie e sensazioni a chi si avvicina alle nostre attività. Non solo promozione della montagna ma anche formazione di una autentica coscienza ecologica e consapevolezza della ricchezza e bellezza del nostro patrimonio culturale. Il recente programma ISPRA di Citizen Science può aiutare moltissimo e alle sezioni dovrebbe esserne raccomandata l’adesione, perché lo stimolo ad aguzzare la vista e a prendere nota di punti di interesse, nel bene e nel male, aiuterà ad acquisire atteggiamenti più consapevoli. È evidente che molto si può fare e ottenere con una maggiore e più incisiva presenza e collaborazione con i decisori politici degli enti pubblici.
    Consiglio la lettura del bel saggio: Tra architetture e paesaggi, tra sacralità e senso civico, di Chiara Visentin che mi ha stimolato alla scrittura di questo post.
    Francesco Quattrone sez. Pino Aversa-Verbicaro - Sezione: Pino Aversa- Verbicaro

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