Il secondo tavolo “Il CAI, la frequentazione responsabile della Montagna, i nuovi comportamenti consapevoli” chiama tutti i Soci a confrontarsi con i quotidiani e attuali modi di vivere e frequentare la Montagna stessa e la loro sempre maggiore inadeguatezza se rapportati ai mutamenti strutturali che Montagna affronta a causa dei cambiamenti climatici.
I sottotemi proposti entrano ancor più nello specifico e richiedono una capacità di approfondimento analitico e di visione verso il futuro:
- I nuovi alpinismi
- I nuovi sport (ebike-mbike-skialp extreme-parapendio-ciaspole)
- I nuovi stili di vita
- I nuovi Rifugi (strutture e gestione)
- Il nuovo CAI
Acquisire consapevolezza di come le attività antropiche possano avere un impatto negativo sugli ecosistemi montani e/o un disturbo sulla fauna e quindi l’esigenza di mettere in atto comportamenti adeguati non preclude lo svolgimento delle stesse ma impegna le coscienze dei frequentatori indirizzandole verso due fondamentali principi: CONSAPEVOLEZZA (so che quello che faccio può avere un impatto ecc.) e RESPONSABILITA’ (quindi mi comporto responsabilmente per mitigare/limitare i potenziali effetti della mia azione nell’interesse delle generazioni future).
Il concetto sparso molto diffuso del “no limits” come forma di crescita personale ha ancora senso? Come può essere riorientato verso la consapevolezza e la responsabilità?
Uno slogan quale il seguente, educa o deresponsabilizza?
“Siccome la montagna è di tutti allora ciascuno può fare quel che gli pare?”
Il nuovo CAI: in una logica di processo il nuovo CAI non potrà e non dovrà nascere magicamente a Roma. Inizierà una lunga marcia che coinvolgerà tutto il corpo sociale, una marcia da compiere con il passo lento e cadenzato del Montanaro.
ogni settimana centinaia e centinaia di sezioni e sottosezioni CAI propongono itinerari per “gite” alle quali partecipano numerosissimi soci. DI fatto l’Associazione contribuisce all’intasamento domenicale delle strade e dei parcheggi delle località montane. Sarebbe opportuno educare i soci ad un uso responsabile dei mezzi di trasporto. Organizzare le gite utilizzando vettori pubblici (ove presenti) o ottimizzando l’uso dei privati. Anche questo è un buon esempio che il CAI con la sua cultura del rispetto della montagna potrebbe dare. Inoltre indirizzare la domanda di mezzi di servizio pubblico sulle destinazioni domenicali (normalmente invece sprovviste proprio nei festivi) potrebbe indurre le amministrazioni a rivedere le politiche degli orari e dei percorsi a vantaggio di una mobilità pubblica che ha un impatto ambientale minore rispetto a quella privata. - Sezione: napoli
Tavolo 2
Effettuare una statistica sull’universo dei soci sul grado di conoscenza e consapevolezza delle problematiche ambientali quali : biodiversità, cambio climatico, emissione CO2, servizi ecosistemici, economia circolare.
Sui dati raccolti ed opportunamente elaborati sviluppare una strategia comunicativa e formativa rivolta a tutti i Titolati e, a cascata, ai soci attraverso filmati e lezioni preparate dal CS.
I titolati dovrebbero, in seguito, gestire dei progetti standardizzati volti a ricercare e fornire dei dati su alcuni settori come la gestione delle acque, dalla produzione alla distribuzione divisi per settore, la gestione dei rifiuti, la quantità di fonti energetiche rinnovabili, Il numero di capi allevati nelle provincie, la quantità di suolo consumato, citando le fonti di provenienza dei dati.
Produrre mappe del territorio con le emergenze ambientali riscontrate: rifiuti, alvei ostruiti, deforestazione, desertificazione. - Sezione: Potenza
Il divieto dell’accesso dei cani nei rifugi CAI deve essere eliminato e deve essere inserito in un contesto più ampio e consapevole di andare in montagna.
Il forte legame dell’uomo con il cane non può diventare un elemento divisivo e discriminatorio al momento di voler accedere nei rifugi del CAI, divieto che ormai è anacronistico e superato in quasi tutti gli ambienti frequentati dall’uomo (funivie, treni, ristoranti, ecc..).
Sempre più persone camminano con il proprio amico a 4 zampe per vari motivi, oltre al solo piacere di portare con sè fido a volte è dovuto a un fatto di sicurezza personale (persone anziane, ecc…).
Certo che la presenza del cane può diventare un problema per tutti e in particolare per la fauna, ma anche in questo caso il responsabile è sempre l’uomo con i suoi atteggiamenti scorretti e il CAI potrebbe veicolare i comportamenti corretti nell’ambiente montano, dentro e fuori del rifugio.
L’accesso nei rifugio potrebbe essere condizionato a delle regole elementari da rimarcare e ricordare al padrone:
– rispetto delle persone presenti nel rifugio (paura, allergie, …)
– utilizzo del guinzaglio
– eventuale obbligo di utilizzare le museruole (presenza di altri cani, cane mordace o aggressivo, ….)
– zone in cui il cane non può accedere
– ecc….
Non è possibile che il rifugista neghi l’accesso con il cane semplicemente per il fatto che il CAI lo impone (!?).
Ricordare al padrone i comportamenti corretti da tenere nell’ambiente alpino ma fuori dal rifugio:
– rispetto della fauna e della flora
– utilizzo del guinzaglio
– ecc… - Sezione: calco (lecco)
La civiltà della fretta vuole abolire la lentezza e la contemplazione della montagna. L’agonismo sportivo, i colori artificiali dello sport e il marketing vogliono spazzare via il piacere del contatto vero e genuino con la natura. E in questa rincorsa si innesta la m bike come strumento di danneggiamento dei sentieri e peggio ancora di danneggiamento della cultura della lentezza del sentiero che deve rimanere momento di meditazione passo dopo passo, momento di fuga dalla città e non terreno di conquista. Il sentiero è lentezza e serenità e non competizione con se stessi o con altri, deve essere e rimanere scevro dall’ansia della fretta e del correre, eliminando quindi i trabiccoli colorati con invasati in salita e invasati in discesa che non possono – per motivi cinetici – vedere attorno, perfetti menzogneri che si dicono amanti della natura e della montagna. Il Cai deve proporsi come fautore della tranquillità come principale dono che la montagna fa all’uomo moderno, dopo la distruzione della spiaggia che è diventata un enorme Luna park. Il CAI deve impedire il processo di lunaparkizzazione della montagna con i trabiccoli, ma anche con le panchine giganti e i ponti tibetani. La montagna è un baluardo contro la modernità che urbanizza, che rende artificiale ogni cosa e ogni comportamento, anche contro chi in montagna vive il proprio paese con un senso di inferiorità e invidia rispetto alla città dalla quale provengono i turisti, che vengono lì proprio perché non c’è la città nella quale vivono. Non si pieghi il CAI alle mode, alla cosiddetta modernità, ne abbiamo già abbastanza in città, lasciamo alla montagna la possibilità di stimolare i nostri sensi, lasciamole la possibilità di far sopravvivere l’essere più selvatico della nostra intimità.
Dott. Alessandro Fort
Aggiungo un ulteriore spunto di riflessione:
#4 Vogliamo parlare del fatto che, oramai su tutto l’arco alpino, la pianificazione di una escursione sezionale sta diventando un terno al lotto tra prenotazioni di rifugi inavvicinabili, eventi locali spesso ‘last minute’ e gare di ultra-trail, maratone etc. etc. che -di fatto- comportano alle sezioni che organizzano un bel pò di mal di pancia per non dire altro? Statisticamente parlando negli ultimi anni tutti i weekend sono diventati da bollino nero per la montagna. - Sezione: Codogno